Napoli è una multivisione artistica, del passato e del presente e anche del sotto e del sopra: catacombe, camminamenti scolpiti nel tufo, ipogei ma anche i nuovissimi percorsi sotterranei della metropolitana punteggiati di opere d’arte contemporanea, ricche fondamenta di un paesaggio esterno in cui si ergono musei di fama. L’unicità di Napoli è nei legami indissolubili, quasi incestuosi, tra il dentro e il fuori, tra le cose morte e il presente palpitante, come se al tempo, il lungo tempo trascorso in secoli e millenni, qui non fosse stato concesso lo spazio per distinguersi, separarsi e dividere la città in zone d’influenza di questo o quel monumento. Visitare Napoli è fare esperienza di un’altra storia possibile, mettendo da parte manuali, dimenticando cartografie, cronologie, contestando saperi acquisiti. Qui niente riposa in pace e tutto vive e si mescola nel flusso della quotidianità metropolitana che è energia, desiderio di cambiamento ma anche consapevolezza alchemica che nulla si crea e nulla si distrugge. La tradizione napoletana è immersa in questa specie di futuro remoto che tiene in movimento la storia tra presente e passato, che la espone e la vende nelle botteghe che si fingono antiche e sulle bancarelle che mescolano il vero col falso. San Gregorio Armeno è l’epicentro di una delle più note, la cultura del presepe, la natività, i pastori: un piccolo mondo costruito e ricostruito con cartone, sughero, colla, terracotta. Ora un’artista appassionata di Napoli l’ha presa e rifatta a modo suo ed ecco la sua idea di presepe rutilante di forme alterate e colori rinnovati, architettura astratta, rarefatta, disincarnata. La preziosa eredità di un sapere artigianale unico ribaltato con un colpo di mano. Singole figure, scene, angeli sorgono dal pavimento come presenze sospese nel nulla in una scansione che disegna la griglia geometrica di un mondo solo immaginario. Il paesaggio saputo e risaputo è l’orizzonte bianco della galleria trafitto qua e là dai resti di una cometa metallica. Solo l’essenziale. Come un’idea perduta, spaesata. E tutto realizzato in un laboratorio napoletano, a quattro mani con gli artigiani più esperti, in mesi e mesi di lavoro in comune. Fare arte con dedizione estrema cercando il calore e il conforto di altre mani sapienti è ciò che rende speciale e notevole l’opera multiforme della Dynys. Condividere idee, mezzi e pratiche è il suo modo di creare restando dentro o almeno vicino ai pensieri e ai sogni di chiunque e di qualunque cosa sia intorno. Qua fuori d’altronde c’è Napoli che preme ed entra nella nuova opera d’arte. La città che tutto assorbe e rimastica. Perciò anche questo presepe impossibile, forse neanche così diverso per ispirazione, vorremmo pensarlo dentro la rocambolesca avventura umana del luogo che sa conservare le credenze più antiche nei modi più strani e imprevisti della modernità. Dove anche la bellezza dei corpi e delle anime è un’ipotesi incerta magari un’approssimazione che si raggiunge per eccesso di grazia o per difetto di forma nell’immagine che si fa di giorno per disfarsi durante la notte.
Naples is an artistic multi-vision, made up of past and present and also above and below: catacombs, sheltered walkways sculpted in the tufa, hypogea, but also brand-new subterranean subway routes, punctuated by contemporary works of art, rich foundations of an external landscape where famous museums rise above. Naples’s uniqueness lies in its indissoluble, almost incestuous bonds, between inside and outside, between dead things and the palpitating present, as if here, time, the long time spent over centuries and millennia, had not been granted the space to stand apart, to separate itself and divide the city into zones of influence of this or that monument. Visiting Naples is experiencing another possible history, putting aside manuals, forgetting maps, chronologies, questioning acquired knowledge. Here nothing rests in peace and everything lives and mixes in the flow of daily metropolitan life, which is energy, desire for change, but also an alchemical awareness that nothing is created and nothing is destroyed. Neapolitan tradition is immersed in this sort of remote future that keeps in motion the history between present and past, displaying it and selling it in shops as feigned antiques, and in stalls that mix the true with the false. San Gregorio Armeno is the epicenter of one of the most well-known of these, the culture of the creche, the nativity, the shepherds: a small world constructed and reconstructed with cardboard, cork, glue and terracotta. Now an artist passionate about Naples has taken it and remade it in her own way, presenting her idea of a creche, glowing with altered shapes and renewed colors, an abstract, rarified, disembodied architecture. The precious legacy of a unique, artisanal knowledge, overturned with the stroke of the hand. individual figures, scenes, angels rise up from the floor like presences suspended in thin air, in a scan that draws the geometric grid of a world that is only imaginary. The known and recognized landscape is the white horizon of the gallery, pierced here and there by the remains of a metallic comet. Only the bare essentials. Like a lost idea, disoriented. and everything has been created in a Neapolitan studio, a two-person job carried out by the most expert artisans, over months and months of working together. Making art with extreme dedication, seeking the warmth and comfort of other skillful hands is what makes the multifaceted work of Dynys special and notable. sharing ideas, means and practices is her way of creating, remaining inside or at least close to the ideas and dreams of whoever and whatever is around. Out there, moreover, is Naples, which presses and enters the new work of art. The city that absorbs and rehashes everything. However even this impossible creche, perhaps not all that different in inspiration, should be thought of within the improbable human adventure of the place that knows how to preserve the most ancient beliefs in the strangest and most unexpected ways of modernity. Where even the beauty of bodies and souls is an uncertain hypothesis, perhaps maybe an approximation, which can be reached through an excess of grace or through defect of form in the image that is made by day, to be taken apart during the night.