Un lavoro ispirato all’idea di un tessuto prezioso con fili d’oro e frasi segrete. Due aforismi di Goethe sulla natura. Chiara Dynys è stata invitata a realizzare un’opera site specific in grado di confrontarsi e dialogare poeticamente con gli interni settecenteschi di uno dei palazzi nobiliari più scenografici di Verona, Palazzo Maffei Casa Museo, raffinata collezione di opere che attraversano più di cinque secoli accomunate dalla caleidoscopica passione collezionistica di Luigi Carlon. Nella sala sono presenti affreschi di arcadici paesaggi settecenteschi, tratti dal celebre poema virgiliano “Eneide”, sui quali l’artista mantovana antepone due grandi “reti” d’oro che, calate dall’alto, dialogano con la loro controparte settecentesca. Rispettivamente di cm 420 x 290 (parete a destra rispetto all’ingresso) e di cm 430 x 290 (parete a sinistra rispetto all’ingresso), sono supporto per frasi poetiche realizzate in vetro molato, iridescente e cangiante nei due colori dell’azzurro cielo e del rosa. Le parole declamano due passi, uno in tedesco, l’altro riportato nella sua traduzione in italiano, di un illustre ospite della bella Verona, Johann Wolfgang von Goethe che sulla Natura scrive Aus der Natur, nach welcher Seite hin man schaue, entspringt Unendliches (L'infinito nasce dalla natura, da qualunque parte la si guardi) e Per comprendere che il cielo è azzurro ovunque non c’è bisogno di fare il giro del mondo. Tagliate con waterjet in modo tale da rilevare l’esatta calligrafia dell’artista, le parole presentano una colorazione azzurro cielo, quando si parla del cielo, a sinistra rispetto all’ingresso, a destra, quando si parla dell’infinito, le parole sono in rosa; entrambe cangianti e iridescenti, cambiano colore nel momento del passaggio del visitatore. Le “reti” d’oro sono composte da acciaio trafilato e passivato per doratura a mordente con applicato manualmente, su tutta la sua superficie, oro zecchino 24 carati. La natura convenzionale espressa negli affreschi si confronta così con due linguaggi, quello del poeta tedesco e quello contemporaneo dell’artista mantovana, decisamente meno facile e meno codificato dalla storia e dal tempo. Gli affreschi si riconoscono dietro quest’opera e, a quei codici di comunicazione scontati, si sovrappongono visioni poetiche della natura, che partendo dallo stesso oggetto, il paesaggio, creano un cortocircuito diventando qualcosa di più alto e stimolante. L’arcadia non abita più qui, ma la poesia sì.